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GIORNATA DELLA MEMORIA – Non dimenticare Giulio Laganella, deportato di Vieste morto in campo di sterminio

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Giulio era il fratello piccolo di mia nonna e ciò che di lui noi nipoti ricordiamo sono le sue foto in bella mostra sul grande ripiano del comò nella stanza della nonna, anzi, la nostra, quella dei giochi.
Noi eravamo troppo piccole per capire tante cose, i silenzi, gli occhi lucidi su quelle foto facevano riaffiorare tanti ricordi e lei con la sua mano quasi li accarezzava, pudica, riservata come sempre.
Spesso nella nostra ingenuità le avevamo chiesto come fosse morto zio Giulio e lei distrattamente con poche parole ci rispondeva che era andato in guerra e non era più tornato.
La parola Guerra adesso come allora ci sembrava lontana, incomprensibile, ferma, sospesa tra una memoria bugiarda che vuole raccontare verità distorte e quella di chi ha vissuto davvero sulla sua pelle le miserie e l’orrore della guerra. Tutto questo non appartiene alla nostra generazione troppo ignorante, distratta e poco attenta al passato, tutta immersa nel “qui ed ora” ma che dovrebbe sforzarsi di andare al di là della miope visione del quotidiano.
Nel gennaio del 1943 Giulio Laganella fu arrestato dalle Schutzstaffel conosciute come SS, molti degli arresti avvenuti in quel periodo, dopo l’armistizio di Badoglio, furono frutto di rappresaglie sommarie, in questa zona grigia ci finirono un po’ tutti, oltre agli ebrei,oppositori, dissidenti politici e non, zingari, disertori e omosessuali.
Giulio fu portato da Klagenfurt, capoluogo della Carinzia nella provincia dell’Austria meridionale a Dachau, città a 20 km da Monaco di Baviera, dichiarò di essere un meccanico e grazie a questa sua abilità lo trasferirono in un sub campo vicino precisamente ad Allach, dove la famosa industria automobilistica tedesca la BMV sfruttava i prigionieri nella produzione dei loro macchinari .
Come tutti anche a lui venne assegnato un numero che lo identificava, matricola n.61211 ed un “alloggio”, baracca n.25.
Durante il suo “soggiorno” nel primo campo,grazie al suo duro lavoro ricevette una promozione e venne anche retribuito a modo loro, successivamente per le sue abilità nel 1944 venne “premiato” e trasferito in un sub-campo ad Eisenach ( un altro campo utilizzato dalla BMV per la produzione) che rientrava nell’area di lavoro di un altro campo di concentramento, quello d’eccellenza di Buchenwald, uno fra i più grandi campi di concentramento della Germania nazista, dove venne sperimentato con successo e rigore lo sterminio di massa attraverso il lavoro e la denutrizione, qui lavorò fino alla fine dei suoi giorni.
Non so cosa abbia provato, da solo, lontano dagli affetti, sfruttato, denutrito, ammassato in quei blocchi nei quali penetrava l’odore acre e pungente dei forni crematori con la coltre di cenere grigia che tutto copriva e scontornava, posso solo immaginare e questo mi stringe il cuore e mi annoda i sentimenti.
Non sappiamo esattamente come sia morto ma possiamo facilmente ipotizzare che tante ore di lavoro estenuante al giorno, denutrito e in condizioni igieniche precarie portino chiunque ad una morte certa.
Oggi racconto questo pezzo di vita umiliata, offesa,violentata solo per non dimenticare ciò che è stato, dobbiamo mantenere sempre accesa la luce della ragione.
Se oggi posso raccontare questa storia lo devo a diverse persone ma soprattutto a mia cugina Monica che l’anno scorso durante un viaggio ha deciso di andare Dachau dove ha potuto visionare i loro archivi, da quel viaggio ha portato documenti di cui ignoravamo l’esistenza, con numeri, date, ed una firma tremante in fondo ad un elenco di zio Giulio.
Di una cosa sono certa, siamo certe, mia nonna la verità l’ha sempre saputa ed il contorno sfumato nel quale ha avvolto la storia era voluto.
Per anni abbiamo giocato in quella grande stanza sotto lo sguardo sorridente della sua foto e questo ci ha permesso oggi con animo sereno di affrontare una verità tanto dura.
Questo viaggio fisico, mentale e sentimentale lo dedichiamo a lei, nostra nonna, una donna che ha saputo celare da occhi indiscreti il suo dolore ma lo dedichiamo anche ai nostri nipoti che ancora oggi in quella grande stanza giocano liberi e felici e se un giorno ci chiederanno di quella foto saremo felici di raccontare una storia, la storia di Giulio Laganella nato a Vieste il 30 giugno del 1910 e deceduto in un campo di concentramento.
Nina Fasani

Un ringraziamento speciale va a Michela Papagni che per prima ha pubblicato un documento nel quale compariva il nome di mio zio ed anche alla curiosità di Gianni Sollitto che ha condotto alcune ricerche in merito.

 

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