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Intervista al Corriere della Sera – L’attore viestano Tommaso Ragno: “Quando sono ingrassato ho trovato la mia voce”

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“Quand’ero giovane, mentre nel teatro avevo molto spazio, nel cinema e in tv non venivo mai scelto. Ero molto bello, biondo, occhi azzurri, ma mentre coetanei come Luigi Lo Cascio e Alessio Boni, entrambi venuti dal palcoscenico, come me, diventavano popolarissimi, io non arrivavo, non riuscivo a sfondare. Allora guardavo lo schermo con snobismo, dicevo: “Non può darmi nulla, è solo uno strumento per la popolarità”. Pensavo di non essere capace. È stato molti anni dopo, quando il mio corpo si è dilatato oltre misura, si è rammollito ed è invecchiato, che ho iniziato a essere molto richiesto. Per certi versi è stato come con la voce. Quand’è arrivata, da adolescente, non ero pronto. Trovare che quella voce così profonda fosse mia ha richiesto molto tempo. Ma senza il tempo, senza il percorso, non c’è risultato”. Questa è la storia di una salvezza. Una salvezza al contrario, direbbe qualcuno, anche se è nei modi apparentemente ostili, sbagliati che più spesso ci si salva.

Il corpo imperfetto, strumento di scena
Qualche anno fa, Tommaso Ragno, una delle voci più belle del panorama italiano, ha preso 50 chili in poco tempo: da 80 a 130. E proprio quel corpo slabbrato e imperfetto, quel corpo che per l’attore è uno strumento, gli ha regalato la sicurezza in sé, l’intensità necessaria. Quella di padre Marcello, sacerdote in crisi nella serie Il miracolo di Niccolò Ammaniti, o di Donatello Fadda, pater familias di una banda criminale nell’americana Fargo . E poi Ragno è anche dimagrito, perché il peso, in realtà, non c’entra nulla col proprio valore.

Tommaso Ragno all’età di diciotto anni
Cosa l’ha portata a ingrassare tanto?
“Dopo la nascita di mio figlio Domenico, nel 2011, sono caduto in una forte depressione. Temevo di non essere in grado di fare il padre. Vivevo a Berlino, ma non parlavo la lingua, ero frustrato. A quarant’anni non è come a venti: ambientarsi richiede uno sforzo totale. Quando tornavo in Italia per lavoro, però, i lunghi periodi di lontananza da mio figlio, la paura di non esserci se fosse successo qualcosa, mi facevano stare malissimo. Così mangiavo compulsivamente, per conforto”.

Cosa mangiava?
“Di tutto, e a tutte le ore. Soprattutto carboidrati, dolci. Non riuscivo a smettere. Mangiavo anche quando non mangiavo, immaginandomi mentre andavo a comprare una torta Sacher o una Foresta Nera e poi la divoravo. Vivevo in uno stato di distrazione”.

Percepiva di star ingrassando? A casa glielo facevano notare?
“Non subito, no. Anche se i vestiti da un pezzo non mi stavano più. Ho iniziato a rendermene conto quando il mio corpo è diventato un ostacolo. Dormivo male, sudavo moltissimo, facevo fatica a respirare, mi stancavo al minimo sforzo. Soprattutto, ho perso la libido. Ero stato un uomo molto bello, adesso avevo i seni grossi, le maniglie, una pancia enorme. La cosa più dolorosa è stata la reazione della mia ex, la madre di mio figlio. Mi aveva conosciuto in forma, ora non le piacevo più e me lo diceva. Io replicavo: “Ma come? Sono sempre io!”. Anche nell’intimità me lo diceva, e del resto fare l’amore richiedeva energie che non avevo più. Allora rispondevo: “Hai ragione”, ma non facevo nulla per cambiare”.

Ma è giusto chiedere a un partner di cambiare, se il suo fisico non ci piace più?
“Probabilmente no. Come non si può imporgli di piacergli ugualmente”.

Poi grazie a quel corpo lei è stato “scoperto”.1992, Il miracolo, La stagione della caccia, Fargo.
“Non sarebbe accaduto se avessi indossato delle imbottiture. È ciò che essere grasso aveva prodotto in me psicologicamente. Per interpretare una persona grassa devi camminare nelle sue scarpe, fare i conti col suo ingombro nello spazio, il suo respiro affannato. Nessuna pancia finta può darti tutto questo. Così il grasso, questa cosa così vituperata, così inopportuna, anche per la salute, mi ha fatto scoprire un’altra parte di me, mi ha regalato una nuova giovinezza artistica. A ogni dimensione può esserci grazia e leggerezza. Basta guardare attori come Stefano Fresi o Giuseppe Battiston”.

Lei, Fresi, Battiston. A un attore maschio sono concesse cose che alle donne no. Un uomo deve occupare spazio, una donna deve scomparire.
“Vero. In questo gli Stati Uniti sono molto più avanti. Attrici come Kathy Bates, Gabourey Sidibe, Octavia Spencer hanno i ruoli e i riconoscimenti che meritano”.

Fresi e Battiston, però, sono rimasti grassi. Lei invece è dimagrito. Perché?
“Negli anni in cui ero molto grasso sentivo che ciò che avevo dentro corrispondeva alle mie dimensioni. Mi riconoscevo, ero io. In più, aver avuto successo da grasso mi frenava: cosa sarebbe successo se fossi dimagrito? Avrei lavorato ancora? Poi qualcosa è cambiato. Quel corpo che un tempo mi aveva dato piacere ora mi andava stretto, era una gabbia. Avevo il viso molto stanco. Sembravo, quando mi guardavo allo specchio, il fantasma di qualcuno che diceva: “Ehiii, sono qui”. E io: “Sì, sì, adesso mi faccio un bel piatto di pasta e dopo finisco anche quella vaschetta di gelato”. Improvvisamente ho capito che quel film era durato abbastanza, mi sono chiesto se a più di cinquant’anni sarei stato ancora in grado di trasformarmi. Ho iniziato a fare cardio, ho visto un dietologo. È stato lui a parlarmi dei disturbi alimentari. Ho perso quasi 30 chili in otto mesi, e altri durante il lockdown”.

Se oggi le chiedessero d’ingrassare per copione?
“Lo farei sotto controllo medico”.

Invecchiare la spaventa?
“No, anzi. Trovo questa età molto più interessante. Per un attore l’invecchiamento è una forma di conoscenza. Quando guardo gli attori del passato da anziani – Orson Welles, Richard Harris, bisogna sempre guardare ai più grandi, anche se tu non lo sarai mai -, mi rendo conto che avevano smesso di recitare. Avevano diminuito la distanza fra ciò che erano e ciò che facevano. Quant’era sexy Marlon Brando nel decadimento fisico? Il corpo, nella seconda parte della vita, può ancora dare soddisfazioni. Quand’ero ragazzo, in teatro, Carlo Cecchi mi diceva che avevo paura di sedurre. Oggi non più. Anzi, quando mi danno consigli non richiesti sul mio fisico, rispondo: “Sì, però dimmi quanto sono bello. Sono bello, vero?” “.

Marcello Marchesi, dopo aver mangiato bene, diceva: “Come mi sono divertito…”. Lei che rapporto ha oggi con il cibo? Le fa paura?
“No, però sto attento. La salute è un equilibrio, per certi versi siamo sempre convalescenti. Gli stravizi li faccio, ma una volta a settimana, come il seminarista di Mario Vargas Llosa, che una volta a settimana va al bordello. Anche il peccato è importante, sennò diventi scemo”.

CARTA D’IDENTITÀ

La vita — Nato a Vieste il 23 luglio 1967, Tommaso Ragno amava recitare fin da piccolo. Appena ha potuto si è trasferito a Milano, per frequentare la Scuola d’arte drammatica Paolo Grassi. Oltre che recitare, ama da sempre fare fotografie
La carriera — Nel 1988 ha debuttato in teatro con la La seconda generazione, con la regia di Mario Martone che lo ha poi diretto anche in Woyzeck. Il primo incontro con il cinema risale invece al 1997: Tutti giù per terra di Davide Ferrario. Ha poi recitato a fianco di Isabelle Huppert in Médée miracle di Tonino De Bernardi e, nella sua carriera cinematografica, è stato diretto da registi come Bernardo Bertolucci (Io e te) e Pupi Avati (Un ragazzo d’oro). In teatro ha lavorato, tra gli altri, con Ronconi e Strehler

Costanza Rizzacasa d’Orsogna – Corriere della Sera 7

(foto Luca Carlino)

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