Petrolio, in Puglia via libera alle ricerche in mare da Vieste a Torre Guaceto. I biologi: “Sos ecosistemi”

Una società australiana a caccia del petrolio pugliese. La Global Petroleum Limited (Gpl) prova ad anni a ottenere i permessi per setacciare l’Adriatico e ora il governo ha dato l’ok. Grazie al decreto di Valutazione di impatto ambientale (Via) del ministero dell’Ambiente, la Gpl potrà cercare giacimenti di idrocarburi (petrolio ma anche gas) in un’area marina di 745 chilometri quadrati, da Vieste fino a Brindisi, utilizzando tecniche che ambientalisti, biologi e la stessa Regione Puglia ritengono pericolose per l’ecosistema marino.

La Via – chiesta nel giugno 2014 e rilasciata il 14 ottobre scorso – riguarda quattro permessi di ricerca su aree contigue, una delle quali pericolosamente vicina (circa 40 miglia) alla riserva naturale di Torre Guaceto. Le tecniche utilizzate per la ricerca – è specificato nel decreto Via – sono “2D con air gun e 3D”, ovvero tramite bolle d’aria che comprimono l’acqua e il fondale marino. Entrambe sarebbero potenzialmente pericolose per l’ambiente, secondo enti e cittadini che hanno inoltrato le osservazioni al ministero dell’Ambiente.

Dura la presa di posizione della Regione ma anche delle Province di Bari e Brindisi, dei Comuni – da Molfetta a Giovinazzo, passando per Fasano, Monopoli e Polignano a Mare – del Comitato Bonifica Molfetta e del Coordinamento No Triv Terra di Bari, della Federazione regionale dei Verdi e dell’associazione Biologi ambientalisti pugliesi. Tutti hanno espresso parere sfavorevole alla ricerca di idrocarburi e chiesto il rigetto del progetto, evidenziando il rischio che tali attività danneggino l’ecosistema marino, con particolare riferimento ai cetacei che risulterebbero la specie più esposta ai pericoli dell’air gun.

I biologi, in particolare, hanno spiegato come il Mediterraneo sia un mare già provato da una pressione antropica secolare, in cui “l’impiego di trivelle per l’esplorazione dei fondali comporterebbe perturbazioni degli ambienti marini e delle comunità che le abitano, con tempi di recupero molto lunghi”. Problemi secondari, secondo il ministero dell’Ambiente, al quale è bastata
la rassicurazione fornita dalla società australiana che “il progetto non interesserà aree protette da vincoli ambientali e archeologici” e che “le prospezioni sismiche verranno effettuate a notevole distanza dalla costa”. Senza dimenticare che – è scritto nel decreto Via – “non vi sono impatti su habitat terrestri, considerato che le azioni si svolgeranno in mare a notevole distanza dalla costa”. Le indagini, dunque, possono avere inizio.
Chiara Spagnolo (Repubblica.it)

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