Cronaca

Travolta e uccisa dall’auto di Pietro Pastorella, da oggi il processo

Parte oggi nel tribunale di Foggia il processo a carico del viestano Pietro Pastorella, il 36enne che nella notte dello scorso Ferragosto investì, uccidendo, la 28enne Michela Ragno.  Per l’esattezza erano le 5 e 15 di mattina del 16 agosto 2015. La giovane morì sul colpo a causa di un’emorragia celebrale in seguito a trauma cranico. Quella notte Pastorella era a bordo della Fiat Panda bianca di sua madre, ed era in compagnia di una ragazza 27enne di Ischitella. Entrambi uscirono illesi dall’impatto. L’uomo aveva un permesso provvisorio di guida rilasciato dai carabinieri in quanto aveva smarrito la patente.

 

 

 

 

 

(Nella foto: la vittima, Michela Ragno)

La tragedia, che tanto dolore e commozione suscitò tra la popolazione, avvenne sul lungomare di Vieste, all’altezza del villaggio Verdemare. Pastorella e la sua amica stavano tornando verso il centro cittadino dopo una notte in discoteca. Dall’alcool test il 36enne risultò oltre i limiti consentiti dalla Legge e ora è indagato per omicidio colposo.

Qualche giono dopo il tragico fatto, amiche e amici di Michela organizzarono una fiaccolata che attraversò tutto il lungomare Enrico Mattei per terminare al villaggio “Verdemare”, dove la giovane ragazza fu commemorata alla presenza di don Antonio de Padova. In quella occasione si chiese alle autorità comunali di rendere più sicuro il lungomare Mattei con una serie di interventi volti a limitare il trafico e a renderlo più luminoso, stante la scarsa presenza di luci. Appello caduto nel vuoto. 

Circa quindici giorni dal tragico incidente stradale, Claudio, fratello di Michela Ragno, scrisse una commovente lettera, indirizzata alla sorella defunta, per esternare le sensazioni che lui e i suoi genitori stavano vivendo.
Lo scritto, reso volutamente pubblico da Claudio Ragno, volle rappresentare anche un monito verso la società in generale perché tragedie come quella che la famiglia Ragno ha vissuto, e continua a vivere specie in queste ore del processo, non accadano più.
Questo il testo della lettera: “Ciao Michela, ti scrivo dopo alcuni giorni da quando ti hanno portata via. Ti scrivo per dirti che mi manchi, ci manchi. Mi manca la tua presenza, i tuoi consigli, la vita che abbiamo sempre condiviso a casa e fuori. Mamma ti cerca ovunque e cerca il tuo sorriso che nei nostri cuori e ricordi non si spegnerà mai. Papà fa il forte e si sforza di chiudere dentro di sé il suo dolore che però gli si legge in faccia. Siamo soli senza di te, senza la tua allegria, la tua voglia infinita di vivere che ci hai sempre trasmesso e che, adesso lo sappiamo, era la ricchezza più grande che avessimo. Non ci sei più! Solo scriverlo è impossibile da accettare, troppe domande adesso ci girano per la testa. Perché? Perché? Perché questo maledetto fatto a noi e soprattutto a te. Tu che hai sempre vissuto nella fede, nell’onestà, nella bontà. Tutte le raccomandazioni che mamma ci ha sempre fatto…“attenta a con chi stai”… “mi raccomando comportati bene”… “non bere”… “non fumare”. Eppure non ci sei. Non hai bevuto, non hai fumato, non hai nessuna colpa ma…non ci sei più. Quante semplici cose si potevano fare per evitare di perderti. Eppure non sono state fatte e tu non sei più tra noi! Noi restiamo Michela, con il cuore colmo di ricordi e dolore, lottando, adesso, con il solo scopo di evitare che tragedie del genere si possano ripetere, con il solo scopo di non dimenticare, di non dimenticarti; di scuotere questo mondo che con troppa superficialità, troppo spesso dimentica! Claudio, tuo fratello”.

 

 

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